Truman Capote, Una casa a Brooklyn Heights, Archinto, 2006 |
Il succo:
- Abito a Brooklyn per elezione. ... Considerato nel suo insieme è un quartiere davvero poco attraente. Un concentrato di cattivo gusto... Eppure, in quel grigio sporco privo di verde, c'è qualche oasi di tanto in tanto: meravigliosa contraddizione, stupenda memoria di giorni più salubri. L'esempio più tipico di questi che oggi sembrano miraggi è la zona in cui sto io, Brooklyn Heights. Heights perché si erge su un'altura che permette una veduta a volo d'uccello dei ponti di Manhattan e di Brooklyn, del bagliore sospeso della bassa Manhattan, delle acque solcate dalle navi che educano il fiume a diventare oceano, e circondano e ribollono oltre Miss Libertà in posa. - (pag. 15/16).
- Così lo sforzo di dar nuova vita alle Heights procede da un decennio o anche più: si è anzi tentati di dire che si tratta ormai di un fait accompli. Sui davanzali fioriscono i gerani; secondo la stagione, lame di luce filtrano fra gli alberi oppure le foglie d'autunno bruciano all'angolo; carretti carichi di fiori passano per le strade e il venditore decanta la sua merce, ogni tanto può perfino capitare di sentire all'alba il canto del gallo, perché una signora ha un giardino con parecchie galline e un gallo. Nelle notti d'inverno, quando il vento porta dal fiume i segnali di saluto delle navi in partenza e trascina sui colmi dei tetti il fumo dei camini del fuoco serale, si ha la sensazione, fugace ma autentica come il guizzo della fiamma del caminetto, che il tempo ritorni come i cerchi nell'acqua, che sia possibile riafferrare i più grati riflessi del passato. - (pag. 25).
- Ai limiti delle Heights, appena prima che Brooklyn torni a chiamarsi soltanto Brooklyn, c'è una strada di zingari piena di caffè nei quali ci si può far predire il futuro o ci si può far fare un tatuaggio mentre si sorbisce un boccale di tè nero. C'è anche un quartiere arabo-armeno nel quale pullulano i ristoranti dove l'aria è greve di aromi e dove si possono acquistare, calde dal forno, certe focacce tutte crosta, coperte di semi di sesamo.- (pag. 46).
- Da bambini, siamo pronti a percepire il mistero: scatole sigillate, voci che bisbigliano dietro una porta, cose strane che si intravedono fra gli alberi, che si nascondono nel buio fra un lampione e l'altro. Ma poi, quando si cresce si impara a spiegare tutto, e vien meno la facoltà di procurarsi quel brivido che dà tanto piacere. Ed è proprio un peccato: dovremmo continuare per tutta la vita a credere nell'esistenza degli alberghi dei fantasmi. - (pag. 49).
- Qua e là, sul lungofiume, ci son spiaggette in miniatura e su una di queste una volta, una tranquilla domenica verso l'ora del tramonto, vidi qualcosa che mi fece dubitare dei miei occhi. Dopo aver guardato una seconda volta e poi una terza, ancora aveva tutta l'apparenza di una visione. Da queste parti si vedono tutti i giorni marinai di ogni genere, perfino indiani in sarong, perfino giganti senegalesi con le braccia di nero onice, di un nero cangiante in blu, con tatuaggi gialli, toraci impudenti e scritte vistose, come: Je t'aime, Hard Luck, Mimi Chang, Adios Amigo. Si vedono anche piccoli marinai russi, con le loro tenute svolazzanti che somigliano tanto a dei pigiama. Se ne vedono di tutti i tipi, insomma. Ma quei tre marinai scalzi che vidi accovacciati sulla spiaggia col volto estaticamente fisso in direzione del sole calante, mi parvero creature mitiche, tritoni - sirene, anzi, perché avevano i capelli lunghi come quelli delle donne, capelli striati di ciocche bianche, capelli da selvaggi che scendevano a coprir loro le spalle. E alle orecchie portavano lucenti anelli d'oro. Sia che fossero plenipotenziari giunti dai madreperlacei palazzi marini di Poseidone, o semplici marinai, o vichinghi provenienti dal gotico settentrione e reduci da un lungo viaggio su una nave priva di barbiere, essi hanno ormai per sempre un posto tutto loro in quella parte della mia memoria che custodisce i ricordi strani. Un ricordo prezioso come un cristallo inciso e sfaccettato, un ricordo da guardare e riguardare, alla luce e in controluce. - (pag. 51/52/53).
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