mercoledì 27 novembre 2013

Robert Walser, La passeggiata




Robert Walser, La passeggiata, Adelphi, 2011




Il succo:



... Mentre lì attorno, un po' nel boschetto, un po' nel campo, cercavo e coglievo fiori, incominciò pian piano a piovere e il paese si fece ancora più soave e silenzioso. Ascoltavo la pioggia gocciolare lieve sulle foglie, e mi sembrava un pianto. Com'è dolce la minuta tiepida pioggia d'estate!
Antichi errori, ormai remoti nel tempo, mi tornarono alla memoria: infedeltà, dispetto, falsità, perfidia, odio, una quantità di brutte, violente scenate, sfrenati desideri, incontrollata passione. Vidi chiaro quanto male e quale torto avevo fatto a tante persone. Nel sottile sussurrìo che circondava, l'onda dei miei pensieri salì fino a riempirmi di tristezza. 
Come una ribalta gremita da scene intensamente drammatiche mi si chiuse dinanzi la vita d'un tempo; un involontario stupore mi colse nel riconoscere tutte le mie debolezze, le infinite cattiverie, la mancanza d'amore.
E in quel momento balenò ai miei occhi l'altra figura, rividi a un tratto il povero vecchio derelitto che pochi giorni prima avevo veduto tristemente disteso al suolo: così miserevole, pallido, sofferente, affranto, triste da morire, che a quella vista mi ero sentito l'animo tristemente sconvolto. Rivedevo ora mentalmente quell'uomo sfinito e quasi mi sentivo male.
Alla ricerca di un posto dove sdraiarmi, scorgendo per caso un angolo tranquillo sulla riva lì accanto, spossato come mi sentivo, mi accomodai il più possibile sul terreno soffice, al riparo dei fidi rami di un albero amico.
Nel contemplare tera, aria e cielo fui preso da un pensiero conturbante e irreprimibile: ero costretto a dirmi che ero un povero prigioniero fra cielo e terra, che tutti qui siamo ugualmente dei poveri reclusi e che per noi tutti non v'è alcuna via verso un altro mondo, se non quell'unica che ci conduce nella fossa buia, nel grembo della terra, giù nella tomba.
"E così la florida vita, tutti i bei colori allegri, ogni gioia di vivere e umano significato, l'amicizia, la famiglia e la donna amata, l'aria dolce e piena di lieti, felici pensieri, le case paterne e materne, le care strade note, la luna e il sole alto e gli occhi e i cuori degli uomini, tutto un giorno dovrà scomparire e morire".
Mentre, giacendo assorto, chiedevo in silenzio perdono agli uomini, mi tornò ancora alla mente quella fanciulla tutta fresca di giovinezza, dalla bocca così graziosamente infantile e dalle gote deliziose. Rivissi acutamente il rapimento che mi dava la sua presenza fisica, così tenera e melodiosa, e come tuttavia, avendole chiesto poco tempo addietro se credeva che le fossi realmente affezionato, in segno di dubbio e d'incredulità avesse abbassato i begli occhi e mi avesse risposto "no". Le circostanze l'avevano indotta a partire, e così la perdei. E tuttavia avrei potuto probabilmente convincerla delle mie buone intenzioni. Al momento giusto avrei dovuto dirle che la mia inclinazione era del tutto sincera. Sarebbe stato semplicissimo, e nient'altro che giusto, confessarle apertamente: "io l'amo. Tutto ciò che la riguarda mi sta a cuore come ciò che riguarda me. Per molte belle e buone ragioni desidero renderla felice". Ma poiché non me n'ero più dato cura, lei se ne era andata.
"Ho raccolto i fiori solo per deporli sulla mia infelicità?" mi domandai, e il mazzolino mi cadde di mano. M'ero alzato per ritornare a casa: era già tardi, e tutto si era fatto buio. - (pag. 96-99).